L’esame delle tracce radar avrebbe fornito clamorose rivelazioni

Ustica: secondo gli esperti di Washington il DC-9 fu abbattuto da un caccia militare

Intervistati i tecnici statunitensi che hanno interpretato le registrazioni per conto delle autorità italiane giungendo allo conclusione che un aereo sconosciuto abbia deliberatamente attaccato il bireattore dell’ltavia – Ma perché è stato colpito proprio il volo Bologna-Palermo? Forse si è trattato di un errore, l’obiettivo era un altro

ROMA – Sera del 27 giugno 1980, cielo di Ustica, diecimila metri di quota: Il DC-9 Itavia (volo IH 870 Bologna-Palermo) procede l’aerovia Upper Ambra 13 Alfa. Il radar segue la traccia del bireattore: tutto regolare. Sono le 20.58 minuti primi e 11 minuti secondi: sullo schermo, arretrata ma a dritta del DC-9, appare una seconda traccia. Dopo appena 29 secondi, la seconda traccia è già vicinissima al bireattore civile: solo 15 miglia. Ore 20.59 minuti primi e 45 minuti secondi, il DC-9 si disintegra nell’aria: l’esplosione appare sullo schermo radar come una pioggia di puntini luminosi. Ancora 12 secondi e l’altra traccia lascio lo schermo ad una distanza di cinque miglia dal pinto in cui il DC-9 è scomparso. I morti sono 81.
Oggi, due anni e tre mesi dopo l’incidente, il mistero di Ustica non ha ufficialmente soluzioni.la commissione ministeriale è stata costretta a chiudere la prima parte dell’inchiesta nel mezzo del guado: esplosione dall’interno o dall’esterno. Come a dire: bomba o missile. L’indagine della magistratura è invece ancora aperta ma senza troppe speranze. Tutto è affidato alle ultime analisi di laboratorio: l’esame di alcune minuscole particelle conficcate nei cuscini permetterà (forse) di stabilire il tipo di esplosione. Ma da Washington arrivano rivelazioni che individuano proprio nella seconda traccia radar la chiave del mistero: un caccia militare sconosciuto che ha deliberatamente attaccato il DC-9.
Procediamo con ordine.il primo a rendersi conto della situazione, mentre tutti cercavano la causa del disastro nella struttura del bireattore, è stato un ingegnere del National Transportation Safety Board (NTSB), l’ente federale per la sicurezza del volo negli Stati Uniti. Si chiama John C. Macidull e ha esaminato le registrazioni radar per conto delle autorità italiane.
Ha scritto nel rapporto del 25 novembre 1980 (numero DCA 80-RA-028): «Al momento dell’incidente e secondo le informazioni radar, un oggetto non identificato arrivava da ovest in direzione dell’aereo esploso, con il sole a poppa, e l’aereo esploso procedeva in direzione dell’oggetto con il sole a prua».
Abbiamo rintracciato John Macidull nel suo ufficio a Washington e gli abbiamo domandato: può affermare che quell’oggetto era un caccia militare?
«Dalle informazioni radar non è possibile stabilire quale tipo di aereo fosse.tutto quello che ho detto riguarda velocità e posizione. Certo è escluso che fosse un piccolo Piper da turismo».
– Ma aveva tutte le caratteristiche di un aereo?
«Esatto».
– Perché lei non ha scritto questo sul rapporto consegnato alla commissione di inchiesta, limitandosi a definirlo un oggetto non meglio identificato?
«Ho fornito solo una valutazione circa le tracce radar, sulla rotta dell’oggetto e del DC-9. Ho lavorato sulla base di un accordo con le autorità italiane e tutto quello che mi è stato chiesto era di dare una valutazione delle tracce radar».
Molto professionale, legato al rispetto del segreto su questioni tanto delicate, John Macidull ah comunque aggiunto qualcosa di determinante all’inchiesta: quello oggetto era un aereo e da questo aereo apparteneva la seconda, misteriosa traccia vista passare accanto al DC-9 Itavia. C’è chi si è spinto oltre con l’autorità per farlo: il dottor John Transue, fino a poco tempo fa direttore della sezione di Guerra aerea del Dipartimento della Difesa a Washington. Attualmente è consulente del Pentagono, dove ha il suo ufficio.
Anche lui ha studiato a fondo il caso Itavia. Lo abbiamo intervistato telefonicamente anche se è stato piuttosto difficile rintracciarlo: il centralino del Pentagono all’ordine di non passargli alcuna comunicazione senza preavviso e il suo nome non è nemmeno nella lista dei «dipendenti» dell’amministrazione della difesa: motivi di discrezione e sicurezza.gli abbiamo domandato: lei ha esaminato con attenzione le informazioni radar relative all’incidente del DC-9 Itavia, può affermare che l’oggetto visto passare vicino all’aereo distrutto mostrava le caratteristiche di un caccia militare?
«certamente poteva esserlo: le caratteristiche mostrate sono velocità e manovrabilità, esattamente quelle di un moderno caccia. La velocità raggiunta nel periodo di avvistamento radar dovrebbe essere stata supersonica».
– È in grado di stabilire che i movimenti dell’oggetto rispetto al DC-9 non era un altro che una classica manovra d’attacco?
«Si. È assolutamente corretto sostenere questo».
– Si può dire che la distanza minima tra il DC-9 e il caccia era quella ottimale per fare fuoco con un missile?
«Non direi che era la distanza ottimale, direi che era ai limiti della capacità di un missile».
– In questo caso si tratterebbe di un attacco deliberato, non di un incidente?
«Questo si può dedurre con sicurezza dalle frazioni di tempo che il pilota aveva disposizione per distruggere l’obiettivo, al fine di guidare con successo il missile verso l’aereo».
– Non trova strano che i radar della Sesta flotta, quella notte nel porto di Napoli, non abbiano rilevato nulla di anomalo?
«Non saprei che cosa ha fatto la Sesta flotta. Ma un aereo che appare per tre volte solo, in tre posizioni differenti e a quella velocità, potrebbe non essere stato rilevato e dunque non risultare. A meno che le informazioni radar non siano state registrate controllate in seguito. Questo per accertare se c’era o meno un oggetto in quel punto. Il problema è che non so dire se i radar della Sesta flotta hanno registrato qualcosa o meno».
– Che possibilità ci sono di identificare l’oggetto, o meglio il caccia, e così risolvere il mistero?
«Non c’è più molto da fare ormai, a meno che non si trovino altre registrazioni radar».
Le affermazioni del dottor Transue, con il sigillo della sua consulenza presso il Pentagono, dovrebbero avere un effetto dirompente sugli sviluppi dell’inchiesta. Anche perché sia Macidull che Transue sono stati intervistati dalla BBC che ha mandato in onda un mese fa un servizio sul mistero di Ustica.
Giorgio Santacroce, il giudice che segue l’inchiesta da Roma, ha chiesto una copia di questa trasmissione.
Si moltiplicano intanto gli interrogativi. Il primo, il più logico: perché è proprio il DC-9 Itavia? Ci sono alcune indiscrezioni che ormai da mesi sono all’esame della magistratura e della commissione di inchiesta ministeriale.riguardano un’ipotesi sconcertante: il bireattore sarebbe stato colpito per errore, il vero obiettivo era un altro DC-9, atteso in quel punto a quell’ora (il volo Itavia era partito con un forte ritardo). Ma a bordo chi ci sarebbe dovuto essere? Una personalità politica italiana o straniera? La posizione della Difesa è sempre stata immutabile nel tempo: nessun aereo militare italiano e allato era in volo nel cielo di Ustica.
Per accertare questa ipotesi sarebbe necessario verificare tutti i piani di volo degli aerei in arrivo, partenza e transito sull’Italia, piani programmati ed effettuati. C’è poi un’altra coincidenza. Nella base della difesa aerea a Marsala era stata organizzata da alcuni giorni una esercitazione radar per addestrare i sottufficiali. Il che vuol dire chi è quell’ora il nastro del radar militare sarebbe stato disinserito. E, infatti, nella bobina consegnata alla magistratura mancano otto minuti. Otto minuti utilissimi per chi avesse voluto entrare nel nostro spazio aereo senza lasciare tracce. E tornare nel nulla.

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