Dura denuncia del capo dello Stato mentre Formica in Parlamento accusa i vecchi servizi segreti di depistaggio
Cossiga: basta con i misteri di Ustica
«Chi ha nascosto la verità è più colpevole di chi ha fatto la strage»
ROMA — «Un intruso entra in una casa e uccide la padrona di casa. Il marito chiede di sapere chi l’ha uccisa, ma invece di dirgli chi è l’assassino, vengono cancellati gli indizi che possono individuarlo. Ebbene, è più colpevole chi ha nascosto la verità di chi ha commesso l’omicidio». Con questa parabola, Francesco Cossiga ha gelidamente sintetizzato il suo pensiero sulla strage di Ustica. Davanti ai familiari delle vittime, davanti a parlamentari e legali di parte civile, il capo dello Stato ha garantito che nessuna prescrizione potrà arrestare l’indagine per accertare la verità, identificare e perseguire i responsabili. Ha affermato Francesco Cossiga: «In uno Stato di diritto può accadere che ottantuno cittadini vengano uccisi, ma non può accadere che non si sappia come, quando, per quali negligenze, per quali responsabilità».
Tra polemiche feroci, incriminazioni, rivelazioni, il nono anniversario della strage si celebra dunque con un rinnovato impegno
del capo dello Stato a fianco delle famiglie delle vittime del DC-9 Itavia. Con le parole severe scelte da Cossiga per rispondere a Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei familiari. Che aveva detto: «Noi abbiamo incoraggiato per nove lunghi anni questo risveglio civile e democratico, che sembra vada nel senso di perseguire con decisione e con forza la verità intorno a questa tragedia. Non vorremmo che questo tempo fosse passato invano e che il decimo anno, con il velo della prescrizione, ahimè così vicina, ponesse la parola fine su questa indicibile vicenda. Sarebbe, a nostro avviso, una sconfitta pesante per la nostra democrazia».
La soddisfazione per l’attenzione mostrata dal capo dello Stato è stata espressa anche da Franco Piro, vicecapogruppo socialista a Montecitorio. «Le parole di Cossiga hanno un grandissimo significato morale e giuridico», ha dichiarato Piro. «Il presidente ha saputo essere vicino al dolore irreparabile dei familiari, ne ha elogiato la compostezza, ci ha accompagnato con la sua sapienza del diritto lungo il labirinto delle procedure e — ha concluso Piro lasciando il Quirinale — in fondo al tunnel delle omertà e delle complicità abbiamo visto un segnale luminoso».
E di verità, vecchie e nuove, ieri si è discusso anche in Commissione stragi. Per due ore e mezzo, l’ex ministro dei Trasporti Rino Formica ha risposto a quesiti, respinto accuse, per concludere la sua testimonianza con una fulminante battuta: «Quando si perde tempo si ha tutto il tempo necessario per sopprimere prove e uomini. Questa vicenda non si è sottratta a questa regola generale, che era quella di prendere tempo. Siamo a nove anni dalla tragedia e si è avuto modo, probabilmente, di sopprimere prove e, probabilmente, anche uomini. O se ne è avuto per costruire altre prove». Battuta così «tradotta» dallo stesso Formica: «il tempo elimina sempre prove e uomini, anche per cause naturali. Io parlavo soprattutto di soppressione di documenti».
In realtà, di un testimone morto si è a lungo parlato: Saverio Rana, presidente del Registro aeronautico italiano all’epoca della strage. Fu Rana che mostrò a Formica le tracce radar in cui era visibile il caccia-killer. E il ministro lo ha confermato. Fu Rana a fare per primo a Formica «l’ipotesi del missile». E il ministro lo ha confermato.
Aggiungendo che di questa ipotesi informò l’allora ministro della Difesa, Lelio Lagorio. Ma Lagorio ieri non si è presentato all’appuntamento con la Commissione. Il presidente Gualtieri lo ha «visto in televisione a Parigi» e di un impedimento a testimoniare ha saputo solo attraverso la «telefonata di un signore che si è qualificato come suo segretario».
Formica, invece, si è detto felice di chiarire ogni dubbio. Ha detto che l’ipotesi di Rana trovò conferma in una pre-relazione della Commissione tecnica da lui nominata, che questa pre-relazione fu trasmessa nel dicembre 1980 a presidenza del Consiglio, Difesa e presidenze delle due Camere. Ma piuttosto che al missile, Formica ha ripetuto che in quei mesi si prestava attenzione al «depistaggio obiettivo» del cedimento strutturale. Ed ha aggiunto: «Non ci saranno commissioni tecniche al mondo che potranno spiegarci chi ha azionato il missile o ha messo la bomba. Lo possono solo i servizi, che non sono stati capaci di darci indicazioni o non le hanno volute dare, oppure all’epoca hanno depistato».
Sugli sviluppi delle inchieste per la strage di Ustica, cresce la tensione al vertice delle Forze armate. La notizia che il Mig 23 libico, ufficialmente trovato sulla Sila il 18 luglio 1980, violò lo spazio aereo italiano nel mezzo di una esercitazione Nato, ha trovato ieri conferma negli ambienti dell’Aeronautica. Non una parola per giustificare la mancanza del nastro con le registrazioni dell’esercitazione (e forse del Mig 23 in arrivo) dal centro radar di Otranto.
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