Incertezze e polemiche dopo la tragedia sulla linea Bologna-Palermo

Alcuni piloti avanzano l’ipotesi di collisione con un jet “pirata”
Troncata di netto la coda del DC-9

La rotta del velivolo dell’Itavia s’incrocia con almeno otto «corsie» militari – Il ministero della difesa smentisce che fossero in corso esercitazioni: l’impatto potrebbe essere avvenuto con un apparecchio straniero che forse ha subito lievi danni oppure è precipitato più tardi e in altra zona – Sempre meno consistenti le ipotesi di sabotaggio e attentato terroristico – Dopo l’ultima sciagura di Punta Raisi un tecnico disse a un parlamentare: «Volano delle carcasse»

ROMA — C’è stata una collisione in volo? L’ipotesi non è stata ancora scartata, anche se il ministero della Difesa ha smentito che al momento dell’incidente fossero in corso esercitazioni Nato. Ma c’è un particolare che lascia ancora dei dubbi. Nel punto in cui il bireattore Itavia è scomparso dagli schermi radar e non ha più mantenuto il contatto radio, si intersecano due aerovie; come due autostrade nel cielo, una riservata al traffico civile, l’altra a quello militare. Il punto preciso, l’incrocio tra le due direttrici, si chiama «Condor».
Il DC-9 era sulla «Ambra 13», o meglio sulla «Upper Ambra 13», cioè un’aerovia che unisce idealmente Ponza a Palermo e viene utilizzata dal velivoli commerciali oltre una certa quota (come il bireattore, che volava a poco meno di 8.000 metri di altezza). Nel punto «Condor», la «Upper Ambra 13», si interseca con l’aerovia «Delta Whisky 12», che segue all’incirca la direttrice Alghero—Crotone. Quest’ultima viene percorsa, a certe condizioni, solo da velivoli militari da trasporto o da jet supersonici in trasferimento da base a base.
Ma un caccia in missione segreta, di qualunque nazionalità, sa che si può spostare sulla stessa rotta da quote bassissime (per sfuggire al controllo radar) a quote molto alte (corsie supersoniche oltre i ventimila metri) con una notevole elasticità.
Potrebbe dunque essersi verificato lo scontro in cielo tra il DC-9 e un altro aereo militare? Non è escluso, dicono piloti civili e dell’aviazione da guerra a cui abbiamo chiesto chiarimenti. Certamente, se l’ipotesi dovesse essere reale, non si tratterebbe di un velivolo italiano, perché le autorità lo avrebbero certamente reso noto. Ma il Mediterraneo è una delle zone più frequentate da caccia militari di ogni bandiera, anche se gli avvistamenti non sono cosi ricorrenti come sul bacino della Rhur, dove i piloti commerciali compilano spesso moduli per denunciare «near collision», cioè potenziali collisioni con intercettori che si incrociano sopra e sotto i Jet civili in transito.
Ma insistiamo sull’ipotesi della collisione. Se si tratta di un caccia o di un altro aereo da trasporto, non è nemmeno detto che entrambi i velivoli debbano precipitare. Mentre, infatti, per il DC-9 la lesione potrebbe essere stata fatale (scontro all’altezza della cabina di pilotaggio, del timone di coda o di un’ala) il secondo aereo potrebbe essere riuscito a rientrare alla base, anche una portaerei, in emergenza. E se entrambi fossero esplosi, non necessariamente il secondo Jet dovrebbe essere precipitato nello stesso punto del DC-9: ma a molte miglia di distanza e si sarebbe forse completamente disintegrato.
Per chiarire ogni dubbio, si dovrebbe avere la certezza di una collaborazione di tutte le forze aeree operanti nel Mediterraneo, alleate e non: cosa impossibile. Cosi come è impossibile avere la certezza che il radar della DAT, Difesa Aerea Territoriale, che copre la zona dell’incidente (dove invece non arriva il radar che segue il traffico civile), abbia notato oggetti in movimento non identificabili con aerei Nato.
Sulla «Ambra 13» passano Infatti almeno otto «corsie» militari, contrassegnate dalle sigle «DW6», «DW9», «DW17», «DW12», «DW10», «DW13», «DW14», «DW23».
Il professor Luigi Broglio, esperto missilistico, non ha nemmeno escluso come ipotesi remota che il DC-9 sia stato inseguito e raggiunto da un razzo impazzito, di quelli che colpiscono i bersagli rincorrendo le fonti di calore. Tra le possibilità anche quella del meteorite, del pallone sonda e del frammento di satellite in rientro nell’atmosfera. Per il comandante Lino, già responsabile del servizio navigazione aerea di Civilavia, resta in piedi l’ipotesi dell’esplosione: un’improvvisa depressurizzazione, seguita da scoppio, oppure un ordigno. Solo l’esame dei resti metallici del DC-9 e l’autopsia sul corpi, permetterà comunque di dare una risposta definitiva al molti dubbi.

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